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IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEI LAVORATORI FORZATI ITALIANI DEPORTATI IN GERMANIA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

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Con la riunificazione tedesca è emersa la questione di come la Germania Federale, successore legale del Deutsche Reich, avrebbe dovuto risarcire i danni derivanti dai crimini commessi durante la seconda guerra mondiale contro la popolazione e gli ex deportati, civili e militari. Nel 2000 il Governo tedesco ha istituito un fondo per il risarcimento degli ex deportati durante la seconda guerra mondiale promettendo un modesto importo, tra 2500 – 7500 € ad ogni sopravvissuto soprattutto a quelli provenienti dalla Russia e dalla Polonia. Le domande di risarcimento italiane, invece, sono state quasi tutte respinte con il pretesto – tra l’altro illecito – che al tempo fosse legittimo deportare i prigionieri di guerra italiani e costringerli a lavorare.
Le domande giudiziali presentate da singoli cittadini italiani innanzi ai giudici tedeschi sono state sempre dichiarate inammissibili, con argomenti giuridici in contrasto col diritto internazionale e non è stato neanche possibile domandare giustizia alle giurisdizioni internazionali, poiché esse non possono essere adite dai singoli, se non tramite i loro Stati di appartenenza.
Assistito dall’avv.to Lau, il Sig. Ferrini, ex deportato, mai risarcito per le sofferenze patite, ha citato nel 1998 la Repubblica Federale Tedesca davanti al Tribunale di Arezzo che si era difesa adducendo la propria immunità giurisdizionale e eccependo l’incompetenza giurisdizionale del giudice italiano. Dopo 2 gradi di giudizio, la domanda del Ferrini è stata ammessa con la nota sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 5044/2004. È stata la prima volta che un Giudice nazionale ha ammesso una domanda civile volta a ottenere un risarcimento dei danni provocati a un singolo da uno Stato durante la seconda guerra mondiale. Ciò ha provocato la reazione della Germania che ha adito la Corte internazionale dell’Aja con il consenso del governo italiano. La CIG, con sentenza del 3 febbraio 2012, general List 143/08 ha condannato la Repubblica italiana per aver violato il principio di immunità degli Stati ammettendo le cause di risarcimento davanti alla sua giurisdizione nazionale. Va precisato che lo Stato italiano, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio, si è sempre schierato in giudizio a fianco della Germania e contro i propri cittadini, e anche in sede internazionale, davanti alla Corte dell’Aja si è difeso con argomenti poco convincenti, contribuendo alla sua soccombenza.
La questione delle riparazioni dei danni da guerra sembrava definitivamente chiusa se non fosse intervenuta la nostra Corte Costituzionale sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, l.n. 5/2013, proposta dal Tribunale di Firenze. Con sentenza n. 238/14, essa ha infatti riaffermato i principi fondamentali della nostra Costituzione e, nonostante la pronuncia della CIG, ha ribadito la giurisdizione dei giudici italiani su fatti che costituiscono crimini di guerra e contro l’umanità, anche quando i convenuti siano degli Stati esteri. La Corte ha fatto giustamente prevalere il diritto fondamentale ad un giudice sulla prerogativa dell’immunità giurisdizionale degli Stati.
In seguito alla pronuncia della Corte Costituzionale vari processi di merito si sono conclusi con l’accoglimento delle domande di risarcimento delle vittime o dei loro eredi. I risarcimenti pronunciati nelle sentenze variano dai 30.000 ai 100.000 Euro.
La questione della fattibilità di un processo civile contro uno Stato per i crimini di guerra commessi può essere quindi considerata definitivamente risolta in positivo.

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